Il Buddhismo è la disciplina spirituale sorta dall'esperienza mistica vissuta dal personaggio storico di Gautama Siddhartha e che si compendia nei suoi insegnamenti, fondati sulle "4 Nobili Verità". Con Buddhismo si indica anche l'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali che hanno in comune il richiamo agli insegnamenti di Siddhartha Gautama in quanto Buddha; insieme sviluppatosi a partire dal VI secolo a.C. soprattutto nell'Asia orientale (India, Tibet, Cina, Corea, Giappone, Indocina), e, dal XX d.C., in forme minoritarie, anche in Europa e Stati Uniti. Gautama Siddhartha, detto Shakyamuni visse nell'India del Nord circa tra il 563 a.C. ed il 483 a.C. (secondo studî recenti, successivi agli anni 1990, c'è chi propone come date di nascita e morte del Buddha gli anni 480 a.C. e 400 a.C.). Egli era detto Buddha, ovvero colui che è risvegliato. Il Buddha nacque durante il viaggio che doveva portare la regina Maya, moglie del nobile guerriero Suddhodana, a partorire il primo figlio nella casa paterna. Ma la tradizione vuole che la giovane non raggiunse mai la casa e partorisse in un boschetto, mettendo al mondo colui che sarebbe diventato il Buddha. Prima di intraprendere la sua ricerca spirituale, egli viveva nell'agio presso il palazzo del padre. Poco prima di compiere trent'anni il principe uscì dal palazzo e in quattro occasioni diverse vide un neonato, un malato, un vecchio, e un funerale. Queste esperienze del tutto nuove per lui lo fecero riflettere sulla vita cominciando a elaborare quello che sara' il cardine del pensiero buddista: risolvere le quattro "sofferenze" fondamentali della vita: Nascita, vecchiaia, malattia, morte.
I fondamenti
Le quattro nobili verità
Alla base della dottrina buddhista stanno le quattro nobili verità. Si narra che il Buddha, meditando sotto l'albero della bodhi, le comprese nel momento del risveglio. Eccone di seguito l'elenco:
- Duhkha: la sofferenza. Nella vita c'è il dolore, esso è associato alla malattia, alla vecchiaia, alla morte ed alla nascita; all'essere associati allo spiacevole e separati dal piacevole; dal non ottenere quello che vogliamo. In breve si soffre perché non ci si rende conto che tutto è destinato a finire.
- Samudaya: la sofferenza non è colpa del mondo, né del fato o di una divinità; né avviene per caso. Ha origine dentro di noi, dalla ricerca della felicità in ciò che è transitorio, spinti dal desiderio (trsna, in pali: tanha o "brama") per ciò che non è soddisfacente. Si manifesta nelle tre forme di "kamatrsna" o desiderio di oggetti sensuali; "bhavatrsna" o desiderio di essere; "vibhavatrsna" o desiderio di non essere.
- Nirodha: cessazione. Per conoscere la fine della sofferenza occorre lasciare andare trsna, l'attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevole per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile.
- Marga: la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana. Esso è detto il nobile ottuplice sentiero
Il Nobile Ottuplice Sentiero
Ciò che l'uomo considera il suo sé è costituito da cinque elementi, detti skandha:Rupa: la parte corporea o sensibile
Vedana: la sensazione, ciò che ci fa provare il piacere e il dolore
Samjna: ciò che percepisce e crea la comprensione del mondo.
Samskara: le predisposizioni che originano dal karma (la legge di causa ed effetto
)
Vijnana: la coscienza
In base a questa visione, viene definito il Nobile Ottuplice Sentiero, che si articola in tre gruppi di indicazioni:- il primo gruppo riguarda la saggezza (pañña)
Retta Conoscenza, ossia il riconoscimento delle quattro Verità;
Retta Risoluzione, l'impegno nel padroneggiare il trsna (il desiderio e l'attaccamento) in modo da non lasciarsi condizionare da essi;
- il secondo riguarda la moralità (sila)
Retta Parola, ossia l'astenersi dal mentire e dall'ipocrisia;
Retta Azione, evitare di causare sofferenza a se stesso ed agli altri esseri;
Retti Mezzi di Sussistenza, sostenere la propria vita su lavori non basati sulla sofferenza propria o altrui
- il terzo riguarda la concentrazione e la meditazione (samadhi)
Retto Sforzo, lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari;
Retta Consapevolezza, ossia mantenere la mente priva di confusione, non influenzata dalla brama e dall'attaccamento (trsna);
Retta Concentrazione, cioè mantenere il corretto atteggiamento interiore nella meditazione (dhyana).
Vi sono quattro dhyana (sanscrito) o jhana (pali).
Il primo dhyana è una condizione di soddisfazione dovuta alla riflessione e all'investigazione.
Il secondo stadio è la tranquillità senza riflessione nell'investigazione.
Il terzo porta all'assenza di ogni condizionamento proveniente dal trsna che sta alla base della sofferenza, premessa questa indispensabile al conseguimento del successivo stadio.
Il quarto consiste nel nirvana, cioè nel superamento della sofferenza esistenziale attraverso il "pensiero-senza-pensiero" e l' "agire-senza-agire" conseguenti alla realizzazione del perfetto "risveglio spirituale", la cosiddetta "buddhità", vale a dire la "qualità di Buddha" presente in ogni essere umano, talvolta anche definita con il termine "vacuità".
La parola dhyana è all'origine della parola sinogiapponese zen: quando il Buddhismo arrivò in Cina, fu adattata alla lingua cinese (chan). In seguito il Buddhismo fu introdotto in Giappone e un'importante scuola porta questo nome.
Diversi approcci nella definizione di Buddhismo
Riguardo alla definizione del Buddhismo ci sono diverse opinioni. Secondo alcuni per certi aspetti sarebbe possibile definirlo una religione, o presenterebbe comunque aspetti di tipo religioso; secondo altri, invece, sarebbe possibile definirlo una filosofia di vita, o presenterebbe comunque aspetti di tipo filosofico; secondo altri nel Buddhismo sarebbero compresenti aspetti sia religiosi sia filosofici; infine altri negano che il Buddhismo rientri in una di queste predefinite specifiche categorie, dal momento che il Buddha stesso, quando era in vita, a chi esplicitamente gli domandava se i suoi insegnamenti fossero “teisti”, “atei”, o costituissero una “filosofia di vita”, invariabilmente tacque sempre su questi punti specifici, senza mai soddisfare a queste domande.
Ma proprio questa assenza di indicazioni fece anche sì che nel corso del suo millenario sviluppo in ogni parte del mondo, il Buddhismo legittimamente tollerasse una grande varietà di pratiche al suo interno, fino ad assumere quella complessità di manifestazioni e di aspetti oggi presenti e che sono anche motivo di queste diversità di orientamenti di opinione sulla sua definizione.
Buddhismo e religione
Alla sua origine il Buddhismo sembra effettivamente estraneo da qualunque preoccupazione religiosa. Buddha, nella sua ricerca e nella sua predicazione, si rifiuta di affrontare questioni di tipo religioso riguardanti l'esistenza di un principio divino assoluto, o l'eventuale natura di un'anima separata dal corpo: questioni di questo genere non vengono né negate né affermate, ma semplicemente lasciate nel silenzio. Da questo punto di vista il Buddhismo, nelle sue prime fasi, si distacca nettamente dall'induismo del tempo, il quale aveva invece al suo centro l'identità tra l'io individuale e l'Assoluto divino. Anche riguardo al Nirvana, che pure è l'obiettivo ultimo della pratica Buddhista, il Buddha e la letteratura Buddhista successiva preferiscono definirlo in negativo, senza affermarne nulla al riguardo. Ciò non significa che il Nirvana non sia nulla: significa semplicemente che è al di là della possibilità del linguaggio (e del pensiero). Dal punto di vista hinduista, entro cui nasce, la pratica Buddhista si configura dunque come fortemente a-religiosa. Tuttavia, già entro un breve tempo successivo alla scomparsa del Buddha, si verificò un processo di "divinizzazione" del maestro, concepito sempre meno come semplice uomo e sempre più come creatura dotata di facoltà prodigiose e sovrumane. A questo processo di divinizzazione si affiancò un vero e proprio culto popolare relativo al Buddha e alle sue reliquie (vedi la voce stupa). Nei secoli posteriori, quindi, venne sviluppandosi all'interno del Buddhismo tutta una fenomenologia devozionale, composta di templi, preghiere e mitologia che si configura entro certi limiti come una vera e propria religione. Da questo punto di vista c'è chi afferma che, specie per quanto riguarda il Buddhismo Mahayana, e soprattutto per quanto riguarda l'Amidismo, il Buddhismo o alcune sue tradizioni, siano a tutti gli effetti una religione. Da parte sua, inoltre, se le diverse scuole del Buddhismo sono concordi nel rifiutarsi di definire in senso positivo un eventuale principio divino Assoluto, non viene comunque negata l'esistenza di entità superiori all'uomo, cioè le varie divinità dei politeismo. Il Buddhismo, in tal senso, non negò l'esistenza dei deva nell'hinduismo così come non negò quella dei kami giapponesi e anzi ne aggiunse d'altri propri: soltanto, dal punto di vista Buddhista anche queste divinità (non concepite come eterne o incorruttibili) fanno parte, assieme all'uomo e a tutte le altre creature viventi, del ciclo del divenire e della sofferenza. Il buddhismo inventò perciò molti episodi in cui uno di essi, o una folla di divinità, discende dal cielo per ascoltare rispettosamente la parola del Buddha o per rendergli qualche servizio, annoverandoli fra i laici, facendone devoti modello e protettori del buddhismo. Da notare infine che, attualmente, nei paesi a maggioranza Buddhista o dove il Buddhismo ha avuto una larga influenza culturale (ad esempio il Giappone o l'Indocina), nella percezione popolare il Buddhismo viene visto e vissuto come una religione.