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Jainismo

Il giainismo (o jainismo), tradizionalmente noto come Jaina Dharma, è un’antica religione inizialmente documentata come una fede a sé stante e una filosofia. È basata sugli insegnamenti di Mahavira (599-527 a.C.). Secondo la dottrina, la filosofia giainista è un modo di comprendere e codificare le verità eterne e universali che occasionalmente si manifestavano fra l’umanità e che più tardi riapparirono negli insegnamenti degli uomini che avevano raggiunto l’illuminazione o onniscienza (Keval Gnan). I fedeli ritengono che nella parte dell’universo in cui ci troviamo e nel presente ciclo temporale, la filosofia sia stata comunicata all’umanità da Rishabha. Prove risalenti alla civilizzazione della valle dell'Indo (ca. 3000-1500 a.C.) sembrano attestarne l'esistenza, grazie a sigilli e artefatti dissepolti sin dalla scoperta di questa civiltà nel 1921.



Dottrina


Il giainismo insegna che ogni singolo essere vivente è un’anima eterna e indipendente, responsabile dei propri atti. I giainisti ritengono che il loro credo insegni all’individuo come vivere, pensare e agire in modo tale da rispettare e onorare la naturale spirituale di ogni essere vivente, al meglio delle proprie capacità. Dio è concepito come l’insieme dei tratti immutabili dell’anima pura, come signore fra le anime poiché rappresenta l’infinita conoscenza, percezione, coscienza e felicità (Ananta Gnana, Darshan, Chaitanya, e Sukh). L’universo stesso è eterno, non avendo né inizio né fine (per questo motivo, si ritiene che il giainismo sia una via religiosa che non include la concezione di un dio creatore). Le figure principali sono le Tirthankara. Il giainismo ha due principali varianti: il digambar e il shvetambar. I fedeli credono in principi quali l’ahimsa, l’ascetismo, il karma, il samsara e il jiva. Esistono molte scritture sacre redatte in un periodo di tempo molto lungo. Molti seguaci ritengono che il testo religioso principale sia il Tattvartha sutra, o Libro delle realtà, scritto 18 secoli fa dal monaco e intellettuale Umasvati. Predicando un’assoluta non-violenza, il giainismo prevede una forma estrema di vegetarianesimo: la dieta del fedele esclude anche molti vegetali e persino l'acqua viene filtrata al fine di non ingerire involontariamente piccoli organismi. È fatto divieto di mangiare, bere e viaggiare dopo il tramonto ed è invece necessario alzarsi prima dell’alba. Con i suoi 8-10 milioni di fedeli, il giainismo è una delle più piccole fra le maggiori religioni mondiali. Vi sono 6000 monache e 2500 monaci, molti dei quali fanno riferimento alla corrente shvetambar. Malgrado il numero esiguo rispetto al totale della popolazione, in India i gianisti si mettono in evidenza e molti di loro occupano posizioni importanti nel mondo degli affari e in quello della scienza. Godono anche di una certa importanza nella cultura indiana, avendo contribuito in modo significativo allo sviluppo della filosofia, dell’arte, dell’architettura, della scienza e della politica dell’intero paese (lo stesso Gandhi ne risentì in qualche modo). Fra i templi (derasar) più belli e importanti vi sono il Dilwara presso il monte Abu e il Bhagwan Adinath derasar, quest’ultimo di recente costruzione e situato nella città di Vataman.



Digambar e Shvetambar


Le due principali ramificazioni del gianismo ebbero origine 200 anni dopo la morte di Mahavira. Bhadrabahu, capo dei monaci, previde un periodo di carestia e condusse circa 12.000 fedeli nell’India meridionale. Venti anni più tardi, questi fecero ritorno e scoprirono che i giainisti che non vollero lasciare la loro terra avevano creato la setta shvetambar. Fu così che i seguaci di Bhadrabahu furono noti come digambara.



Credenze e pratiche


Da un lato, ci sono i monaci, che praticano un rigido ascetismo e si sforzano perché questa loro nascita sia l'ultima. Da un altro lato, ci sono le persone laiche, che perseguono pratiche meno rigorose, sforzandosi di ottenere fede razionale e di fare buone azioni in questa nascita. A causa delle rigorose etiche radicate nel Giainismo, il laicato deve scegliere una professione e uno stile di vita che non coinvolga violenza verso se stessi e verso gli altri esseri umani. Nel loro sforzo per ottenere il più alto e più esaltato stato di beatificazione (Siddhatva), che è la liberazione permanente del jiva dal completo coinvolgimento nell'esistenza mondana, i giainisti credono che nessuno spirito o essere divino possa assisterli in alcun modo. I gianisti pensano che gli dei non possano aiutare il jiva ad ottenere la liberazione. Questa deve essere raggiunta dagli individui attraverso i loro stessi sforzi. Infatti, neppure gli angeli possono raggiungere la loro liberazione finché non siano rincarnati come umani e intraprendono le difficili azioni di rimuovere il karma. Il codice etico del Giainismo è considerato in modo molto serio. Riassunto nei Cinque Giuramenti, essi sono seguiti sia dalle persone laiche sia dai monaci. Questi sono:
- Nonviolenza (ahinsa, o ahimsa)
- Verità (satya)
- Non-furto (asteya)
- Castità (brahmacharya)
- Non-possesso o Non-possessività (aparigrah)
Per le persone laiche, 'castità' significa confinare l'esperienza sessuale al rapporto matrimoniale. Per i monaci e le suore, ciò significa totale celibato. La Nonviolenza coinvolge l'essere rigorosamente vegetariani. Ci si aspetta che il Giainista segua i principi della non-violenza in tutti i suoi pensieri, parole e azioni. Esistono alcuni giainisti che indossano maschere su bocca e naso per evitare ogni possibilità di respirare minuscoli insetti. Mahatma Gandhi fu profondamente influenzato dall'enfasi giainista su uno stile di vita pacifico, che non danneggia nessuno; uno stile di vita che è comune alla filosofia giainista lo integrò nella sua personale filosofia. I rituali giainisti per il matrimonio ed altri riti familiari sono distintamente e unicamente indiani. I gianisti hanno edificato templi in cui sono venerate immagini dei loro Tirthankara. I rituali giainisti sono elaborati e includono offerte di oggetti simbolici, con lodi cantate ai Tirthankara. I giainisti hanno pochi simboli fondamentali. Un simbolo giainista comprende una ruota sul palmo della mano. quello più sacro è una semplice svastica spoglia.



Principi morali giainisti


Secondo la mitologia giainista, il giainismo fu fondato da Rishabh Dev, una divinità minore nel Rig Veda. Conseguentemente fu allargato da una linea di altri 23 insegnanti. L'ultimo e il 24° era Vardhaman un contemporaneo vicino a Buddha. Vardhaman è chiamato anche Signore Mahavir dai giainisti e Indù allo stesso modo. Mahavir significa il grande coraggioso, che aveva conquistato paura, lussuria, ira, ecc. Il Giainismo non fu mai in contrasto con l'Induismo per il potere, e come l'Induismo, NON accetta convertiti maschi. Le donne possono essere accettate attraverso il matrimonio con un giainista. Una donna giainista che sposi un induista, può continuare ad essere trattata da giainista. Il Giainismo sviluppò una filosofia coerente che potrebbe mantenere le proprie scuole contro quelle induiste e conseguentemente contro l'indagine della moderna filosofia occidentale. I principi morali giainisti sono perciò intrecciati con la religione, almeno non si può determinare dove finiscono gli uni e dove inizia l'altra. In secondo luogo, c'è stata così tanta reciproca influenza tra i principi morali induisti e quelli giainisti che è difficile determinare dove gli uni siano stati influenzati dagli altri. Perciò ogni discussione sui principi morali senza la religione è difficile, ma ho tentato di segregarli.



Teoria della servitù


Questa è in realtà una riaffermazione della Legge del Karma, che attraversa tutte le religioni e la filosofia indiane. Sono diverse solo le interpretazioni dettagliate. Il giainismo tratta tutto come un oggetto costituito da essenze diverse. Anche il tempo e lo spazio sono essenze, così come la forza dell'anima e della vita. Gli oggetti animati contengono Jiva, una piccola forza, diversa dall'atma anima, che è perfetta in modo intrinseco. Ed ha infinite potenzialità all'interno. La servitù nella filosofia indiana significa le catene del ciclo nascita/morte/nascita. Il Karma, la totalità della vita passata di un'anima, ne determina lo status contemporaneo. Questa posizione è accettata da tutte le filosofie indiane. Il giainismo considera l'anima con le sue passioni delle forze karmiche, come l'organizzatore del corpo e della mente, è la causa efficace. La sostanza è la causa materiale. La servitù è causata da passioni che sono ira, orgoglio, infatuazione, e avidità. [Le filosofie induiste riconoscono i piaceri sensuali sfrenati come un'altra sorgente di passione].



Liberazione


La servitù, naturalmente, porta ai metodi per liberarsene. Le passioni, benché naturali, nascono dall'ignoranza della reale natura dell'anima e del mondo fisico. L'ignoranza può essere rimossa con l'attento studio degli insegnamenti dei maestri liberati. Fin qui non viene fatta menzione di alcuna religione (Se lo ritenete, potete ad esempio usare Mosè come maestro). Una fede deve essere fondata nel maestro basandosi sulla sua etica, stato di liberazione, consistenza interna, e un certo livello minimo di ragione e logica. I Giainisti considerano i loro 24 Tirthankars come anime liberate che si qualificano come maestri efficienti (essi non contestano il diritto degli altri di accettare qualsiasi maestro e venire comunque liberati dalla servitù, ma in questo caso non saranno considerati gianinisti). Le tre gemme del giainismo sono la giusta fede, la giusta conoscenza e la giusta condotta. Queste sono state interpretate nel seguente modo:



Giusta fede e giusta conoscenza


Si può ricercare qualsiasi campo della conoscenza, se si crede che lo stesso sia buono per sé e per l'umanità nel suo complesso: per ciò si deve avere la giusta conoscenza. Sicuramente, se si vuol essere astronomi, la teologia non è la conoscenza giusta. Allora qualunque campo si scelga, occorre accettarne la disciplina.



Buona condotta


La buona condotta viene definita, sinteticamente, come il fare ciò che è di beneficio agli altri e l'astenersi da ciò che danneggia. Per ottenere ciò si deve
- Prestare i cinque grandi giuramenti
- Praticare estrema attenzione nelle azioni quotidiane, al fine di evitare di recare danno a qualsiasi vita
- Tenere a freno pensieri, parole e azioni fisiche
- Praticare dieci tipi di Dharma, e precisamente perdono, umiltà, chiarezza (ovvero assenza di inganno), sincerità, pulizia, autolimitazione, austerità, autosacrificio, distacco dai beni materiali (il che non significa impedirsi di goderne), celibato.
- Meditatre sulla verità
- Vincere tutti i dolori e i disagi che nascono da fame, sete, caldo, freddo, ecc. attraverso la forza
- Raggiungere equanimità, purezza, grazia assoluta e condotta perfetta.
Tutto questo deve essere praticato secondo la propria capacità e volontà, che devono essere rafforzate.



I cinque grandi giuramenti


Questi giuramenti sono comunemente accettati da tutte le religioni indiane. Il Buddhismo li racchiude nel Panch Sheela, ma i giainisti cercano di praticarli molto più rigorosamente degli altri.
- Ahimsa o il non recare danno alla vita: non danneggiare tutti i tipi di vita, umana, animale o qualsiasi altro essere che abita corpi viventi. I santi giainisti scoprirono che inalando distruggono la vita degli organismi che si trovano nell'aria. Essi filtrano quell'aria tramite un pezzo di stoffa. Naturalmente i laici lo troverebbero difficile, e ne sono esentati.
Questo atteggiamento è basato sull'idea della potenziale uguaglianza di tutte le anime. La non-violenza deve essere praticata nelle azioni e nelle parole. - Sincerità: questa ha due forme, cioè dire sempre la verità, e condannare sempre la falsità. Questo precetto è praticato molto rigorosamente dai giainisti: la verità può essere sgradita, perciò è consentito non dire una verità che ha delle probabilità di portare discordia, MA la menzogna non è sostituta neanche di una verità sgradevole!!
- Non rubare: non prendere ciò che per diritto non ti appartiene. I giainisti credono che la proprietà e la ricchezza contribuiscono al benessere, e derubare un uomo della sua ricchezza potrebbe significare derubarlo della sua vita o della dignità di vivere.
- Celibato: il pensiero religioso indiano interpreta il celibato come astinenza dall'auto-indulgenza di ogni tipo. Questo principio è praticato in ogni forma; anche un discorso vanitoso viola il celibato. Celibato NON significa astinenza dal sesso regolare.
- Distacco: significa liberarsi dalla schiavitù dell'abietta dipendenza dai piaceri sensuali. Tali piaceri non sono banditi, solo la schiavitù ad essi lo è.
Tali pratiche portano ad ottenere infinita sapienza, potere e beatitudine.